Sull’onda del Qatargate la Commissione Europea, con uno moto d’orgoglio, presenta agli Stati membri un corposo pacchetto per inasprire la lotta alla corruzione, non solo dentro le mura di casa (cioè all’interno dell’Unione) ma anche a livello globale, con un nuovo regime sanzionatorio disegnato esclusivamente per colpire chi si macchia di questi reati. “La corruzione è una cancrena ed è in aumento”, ha messo in guardia il vicepresidente Margaritis Schinas. E l’Ue non ne è esente, anzi. “E’ un problema enorme e non riguarda solo le organizzazioni criminali ma pure i cosiddetti colletti bianchi”, precisa la commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson.
L’esecutivo blustellato nel lanciare la crociata parte da una considerazione: ce lo chiedono i cittadini. L’eurobarometro certifica infatti che il 69% degli europei è “insoddisfatto” delle misure adottate dai governi nazionali e il 47% delle aziende ritiene “improbabile” che i crimini di corruzione vengano effettivamente perseguiti. Il Qatargate ha fatto il resto, portando la “cancrena” nel cuore delle istituzioni Ue.
“Nel caso specifico credo che ci troviamo davanti a condotte individuali”, sottolinea la vicepresidente per la Trasparenza Vera Jourova. Che però nota come le misure proposte si applicheranno a tappeto, a partire da “istituzioni e staff” dell’Ue. Ebbene. In concreto il pacchetto prevede una “comunicazione sullo stato dell’arte”, che istituirà al contempo un “network” (in Italia si direbbe un tavolo) incardinato presso il commissariato Interni per mappare “le aree comuni” in cui i rischi di corruzione sono elevati in tutta l’Ue. Ad esempio i porti.
Poi c’è una direttiva, ovvero il cuore del provvedimento. Con questo atto giuridico – stabilisce un obiettivo che tutti i paesi dell’Ue devono conseguire – l’esecutivo blustellato mira ad armonizzare il panorama legislativo comunitario, introducendo pene “minime” elevate, “allungando” la prescrizione, rivedendo le “aggravanti e le attenuanti”, dando alle forze di polizie e alle autorità giudiziarie strumenti “più efficaci” per indagare i crimini di corruzione. Che verranno ampliati includendo capi di accusa come “appropriazione indebita, traffico d’influenze, malversazione, arricchimento illecito”. Naturalmente le agenzie comunitarie – Europol, Eurojust ed Eppo – saranno pienamente coinvolte. Perché l’approccio è “olistico”, punta a creare una cultura della “responsabilità” intervenendo sulla “prevenzione” così come la “repressione” — senza tralasciare “l’impunità”, chiedendo ad esempio l’introduzione di meccanismi “chiari” e “tempestivi” per revocare l’immunità ai parlamentari coinvolti da indagini.
Non solo. Tra le aggravanti viene posto l’accento dell’azione “per conto di Paesi terzi” nonché la condizione di “funzionario di ente pubblico”. E qui l’intervento si salda alla proposta avanzata dal Servizio di Azione Esterna (Eeas) per introdurre il nuovo regime di sanzioni in linea con la politica estera Ue. “Il messaggio è chiaro: l’Ue non è aperta agli affari di coloro che sono coinvolti nella corruzione, ovunque essa si verifichi”, dichiara l’alto rappresentante Josep Borrell. Ne va anche della “sicurezza” europea. Ora la palla passa al Parlamento e al Consiglio.
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