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Ma quanto è saporita la plastica

SILVIO GRECO, LA PLASTICA NEL PIATTO (GIUNTI, PP 157, EURO 18). La plastica è come i diamanti, dura per sempre. Si frammenta, degrada in nanoplastiche, microplastiche, mesoplastiche, fino a macroplastiche (da 10mm a 10/15cm) e megaplastiche (da 15cm in su) ma non scompare, finendo invece per essere ingerita dagli animali e dagli uomini che se ne cibano. E’ la preoccupante situazione descritta da Silvio Greco, biologo marino di Vibo Valentia, consigliere del ministero dell’Ambiente, ai vertici della Stazione Zoologica di Napoli Anton Dohrn, docente di Produzioni agroalimentari e sostenibilità ambientale all’Università di Pollenzo, nel libro ‘La plastica nel piatto’.
    Considerando che, ad esempio, una carta di credito e una bottiglia di plastica si biodegradano in mille anni, e il polistirolo in “soli” 850, si può parlare di eternità della plastica. Indispensabile ormai in vari campi, realizzabile a basso costo e duttile, essa è in ogni angolo del pianeta, fuori e dentro di noi. Le microplastiche che galleggiano sulla superficie degli oceani vanno da 6.600 a 35.500 tonn. di particelle inferiori a 5mm, sono sui fondali marini nei deserti; sono 11 le isole di plastica negli oceani, i gyres. Discariche raccolgono montagne di scarti di computer ed elettrodomestici, ma è nelle nostre anche con le protesi, nelle vene con gli stent cardiaci. Dal dopoguerra la plastica ha impattato più di ogni altro materiale nella storia.
    Spaventa che nei prossimi anni la domanda aumenterà in maniera esponenziale: entro il 2050 la quantità di plastica nelle discariche e dispersa nell’ambiente potrebbe ammontare a 12 miliardi tonn e nei mari la quantità di plastica supererà quella dei pesci. Nel 2015 la produzione mondiale annua di resine plastiche è stata di 322 milioni tonn: nel 1980 fu di poco più di 50 milioni tonn. Di questi 322 milioni tra i 4,8 e i 12,7 milioni sono finiti negli oceani.
    Dagli anni ’50 la produzione globale di plastica ammonta a 8,3 miliardi tonn ed è passata dai 2 milioni tonn del 1950 a 400 del 2015. Di questa quantità, 6,3 miliardi è diventata spazzatura.
    Solo il 9% della plastica è stata riciclata, il 12% incenerita e il 79% accumulata nelle discariche.
    Quanto sono lontani gli anni e la spensieratezza di Gino Bramieri che pubblicizzava la Moplen, creata nel 1954 dall’ingegnere chimico Giulio Natta, che vinse il Nobel per la Chimica nel 1963 con Karl Ziegler dell’Istituto Max Planck. Oggi secondo uno studio dell’Università Vienna mangiamo troppa plastica e sotto varie forme: “Dieci grammi delle nostre feci ne contengono 10/20 frammenti”. Gli studiosi sostengono che ingeriamo 30 grammi di plastica al mese: il 65% attraverso ciò che beviamo e la maggiore quantità di microplastiche è dell’imballaggio dell’acqua imbottigliata.
    Ma quali sono gli effetti sul nostro organismo? “Studi e ricerche sono appena iniziati”, sostiene Greco, “bisogna capire dove si accumula e quali danni provoca”. Sappiamo, in base a uno studio dell’ Università di Napoli, che le nanoparticelle di polistirolo aumentano la produzione di due proteine infiammatorie associate a patologie gastriche”, ma il “Pvc può depolimerizzarsi rilasciando monomeri di cloruro di vinile, fattore di rischio peri tumori”.
    Intanto, qualcosa lentamente si muove. La comunità internazionale, nella riunione dei G7 a Tsukuba (2017) ha individuato tre priorità per la ricerca del prossimo decennio: salute degli oceani, propagazione di malattie e big data. Per affrontare il problema della salute degli oceani la questione prioritaria è la spazzatura in mare, composta all’80% da plastica. Certo, non basterà la bioplastica nelle sue varie declinazioni (biodegradabile, bio-based, compostabile, biopolimero), dunque dal primo gennaio potrebbero essere istituite due imposte sulla plastica materia prima, e (una tassa europea) sullo smaltimento finale. Ma già piovono le proteste dei potenti produttori. Che son opraticamente gli stessi grandi gruppi di sempre: DuPont, Bayer, General Electric, Union Carbide. (ANSA).
   

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