“Sfortunatamente, (l’ipotesi) più
probabile è che sia stato avvelenato una seconda volta”: lo ha
detto alla Cnn, riferendosi ad Alexei Navalny, il reporter
bulgaro Christo Grozev, capo giornalista investigativo di
Bellingcat e amico del dissidente russo morto ieri nella colonia
penale della regione artica russa dove era detenuto.
“Non abbaiamo ancora le prove – ha spiegato Grozev, che
investigò l’avvelenamento di Navalny quattro anni fa -, abbiamo
prove circostanziali in quella direzione, una delle quali è: se
fosse vero che, come ha dichiarato il governo (russo), è
collassato a terra a causa di un coagulo (sanguigno) durante la
sua passeggiata nel cortile del carcere, dov’è la prova? Dov’è
la prova visiva? Tutte le carceri in Russia sono munite di
telecamere di sorveglianza e finora non abbiamo visto niente”.
“Ripeto, questo è solo circostanziale ma a questo punto tutto
fa pensare che sia stato ucciso di proposito – ha sottolineato
il giornalista, che secondo la Tass è nella lista dei
“ricercati” del ministero dell’interno russo -. Sono sicuro che
scopriremo cosa gli è successo. L’onere della prova che è morto
da solo è ora nelle mani del Cremlino perché quattro anni fa
abbiamo dimostrato che hanno cercato di ucciderlo con armi
chimiche”.
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