“Julian Assange morirà se verrà
estradato negli Stati Uniti”. Lo ha detto in una conferenza
stampa a Londra Stella Assange, la moglie dell’attivista
australiano rinchiuso nella prigione di massima sicurezza di
Belmarsh nella capitale britannica, ricordando che la prossima
settimana (il 20 e 21 febbraio) all’Alta Corte si deciderà
dell”appello finale” per impedire il trasferimento negli Usa del
fondatore di Wikileaks.
L’udienza riguarda il ricorso contro il no di prima istanza
della giustizia britannica a presentare un ulteriore appello da
parte dei legali dell’attivista: se non venisse accolto
risulterebbero esaurite le possibilità di azione legale nel
Regno Unito e rimarrebbe solo un’eventuale opzione presso la
Corte europea dei diritti dell’uomo.
“La sua salute sta peggiorando, fisicamente e mentalmente. La
sua vita è in pericolo ogni giorno in cui rimane in prigione”,
ha detto ancora la moglie dell’attivista. Assange è accusato di
aver pubblicato circa 700.000 documenti riservati relativi alle
attività militari e diplomatiche degli Stati Uniti, a partire
dal 2010. Se ritenuto colpevole rischia una pena detentiva di
decine di anni.
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