Fine gennaio, New Hampshire.
Donald Trump e Nikki Haley si sfidano in quella che è la seconda tappa della corsa in casa repubblicana per la candidatura alle presidenziali americane.
Tra le cinquemila e le ventimila persone in quei giorni ricevono una telefonata: è il presidente Joe Biden che li scoraggia dal recarsi alle urne. “È importante – dice – che conserviate il vostro voto per novembre, è allora che farà la differenza, non oggi”. Ma dall’altra parte della cornetta non c’è davvero Biden: la sua voce è stata clonata con l’intelligenza artificiale e quello che si sente è un deepfake, una delle armi più potenti di disinformazione elettorale generata dall’IA.
Un’arma insidiosa specie in un anno, come quello in corso, in cui il 49% circa della popolazione mondiale è chiamato a eleggere i propri rappresentanti. Il problema si pone anche per i cittadini dell’Ue che a giugno voteranno per il rinnovo del Parlamento europeo. Una sfida che impone a Bruxelles un’accelerazione nell’attuazione dell’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale, giunta ormai in dirittura d’arrivo.
Il nuovo sistema di regole, che realizza un equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti umani unico al mondo, corre spedito sul treno dell’approvazione finale, prevista, dopo il via libera odierno delle commissioni mercato interno e libertà civili del Parlamento europeo, alla plenaria di aprile. Eppure, il regolamento, che dovrà anche essere ratificato dal Consiglio Ue, richiederà tempo prima di essere applicabile: due anni dall’entrata in vigore, eccetto che per il capitolo sulle pratiche vietate, dal social scoring alla polizia predittiva, e per le norme sull’IA per scopi generali, rispettivamente applicabili dopo 6 e 12 mesi.
L’idea quindi è di dare una corsia preferenziale ad alcune regole, ad esempio quelle pensate per contrastare la disinformazione generata dall’IA, spingendo le imprese tech a impegnarsi per darvi già attuazione. “È fondamentale avviare al più presto l’attuazione anticipata volontaria perché abbiamo degli appuntamenti a breve di grande rilievo, come le europee” spiega l’eurodeputato Brando Benifei, negoziatore del Parlamento europeo per l’AI Act, sottolineando come vi sia già una disponibilità di massima da alcune Big Tech per tradurre in realtà il watermarking, ossia l’etichettatura con una filigrana digitale dei contenuti generati dall’IA.
Un tema che planerà anche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, al via venerdì, durante la quale, come anticipato da Politico, alcune società tech sottoscriveranno un primo impegno a rimuovere i contenuti ingannevoli generati dall’IA e volti a influenzare il voto. A riprova di quanto la democrazia nell’era dell’IA sia tutto meno che scontata.