Con “investimenti ancora deboli” oggi è “urgente accelerare sul Pnrr” avverte con un approfondimento il centro studi di Confindustria. “La dinamica degli investimenti fissi in Italia si è sostanzialmente bloccata nel 2023 (-0,2% tendenziale nel 3° trimestre), rispetto ai brillanti ritmi del 2021-22”, rilevano gli economisti di via dell’Astronomia. “Quelli in costruzioni calano di più, ma la flessione si è estesa a macchine e attrezzature (-0,4% nel 2°, -0,9% nel 3°)”. “C’è un timido recupero”, la dinamica degli investimenti “potrebbe migliorare quest’anno. Ciò è essenziale per la crescita di breve e lungo periodo”.
“La prima metà dell’anno potrebbe registrare una dinamica piatta degli investimenti, ma in seguito è attesa una ripartenza, modesta, grazie a miglioramento nel credito e attuazione del Pnrr”, stimano gli economisti del centro studi di Confindustria, diretto da Alessandro Fontana.
Dopo aver “toccato i minimi verso fine 2023” gli indicatori “tracciano un quadro di stabilizzazione degli investimenti, non più calo: nel quarto trimestre sono migliorate le condizioni per investire, pur restando negative; l’incertezza, cruciale per le decisioni di spesa delle imprese si è ridotta nei 3 mesi fino a gennaio 2024; gli ordini delle imprese produttrici di beni strumentali sono poco sopra i minimi, col recupero di gennaio; ciò si riflette in una produzione del comparto in lieve recupero a fine 2023; la domanda (misurata dagli ordini manifatturieri) è migliorata poco a inizio 2024″. E ci sono “ultimi dati più rosei per gli investimenti in costruzioni”, con a dicembre “un forte recupero, forse legato alla scadenza a fine anno del superbonus”.
Sul fronte dei prestiti alle imprese il Csc registra un “calo in attenuazione. Inizia ad allentarsi per le imprese italiane la tensione sul credito bancario” anche se “va peggio rispetto agli altri grandi paesi europei”.
Il minor credito, dovuto ai tassi alti che comprimono la domanda e a una stretta dell’offerta “impatta quindi sulla competitività della manifattura italiana. I dati più a breve, però, mostrano che in Italia la flessione dei prestiti si è quasi annullata (-0,3% a dicembre 2023 da settembre) rispetto ai crolli precedenti (-4,3% negli stessi tre mesi del 2022). E i flussi di credito sono attesi tornare positivi nella seconda metà del 2024, sulla scia della prevista riduzione dei tassi”.
Resta l’impatto di “tassi alti” ma sono “attesi in riduzione. Il costo del credito per le imprese in Italia è aumentato rapidamente da maggio 2022, quando era all’1,19%, arrivando al 5,46% a dicembre 2023 (picco a 5,59% a novembre). Si tratta di un tasso più alto rispetto a quello che pagano le imprese in Germania (5,19%), Spagna (5,02%), Francia (4,87%). Questo sta pesando sui costi delle imprese italiane e sulla loro competitività rispetto ai partner Ue. Tuttavia, le prospettive di un taglio dei tassi Bce nei prossimi mesi alimentano l’attesa di una moderazione del costo del credito e ciò potrebbe agevolare gli investimenti nella seconda parte dell’anno; a inizio 2024, al contrario, ciò può ritardare le decisioni di investimento proprio in attesa che il taglio si materializzi”.
Per l’attuazione del Pnrr “finora sono stati spesi quasi 41 miliardi di euro su 194,4 di risorse RRF (21%), di cui solo 13,1 nel 2023. La maggior parte delle spese riguarda misure pre-esistenti e/o incentivi fiscali (Ecobonus, crediti d’imposta Transizione 4.0). Nel 2024-26 la spesa sarà su livelli inediti e sfidanti con il rischio di non riuscire a realizzarla entro i termini: oltre 42 miliardi nel solo 2024”. Un “segnale incoraggiante” viene “dai quasi 100 miliardi di risorse già impegnate dai soggetti attuatori del piano”.
Per gli economisti di Confindustria è “positiva la rimodulazione del Pnrr, che focalizza maggiori risorse verso gli investimenti per circa 12 su 14 miliardi (6,3 per transizione 5.0, 2,5 per filiere green e net zero technologies). Positivo anche l’utilizzo di strumenti automatici per velocizzare la spesa e la raggiungibilità dei target”. “Resta però elevata incertezza sulle fonti di finanziamento sostitutive per le misure fuoriuscite dal piano, che potrebbero indebolire gli investimenti infrastrutturali. Il provvedimento con le misure necessarie a declinare il piano rimodulato sarà varato nei prossimi giorni” e “molte imprese stanno rinviando investimenti in attesa della definizione delle agevolazioni (transizione 5.0)”.
L’industria vicina a archiviare la fase di flessione
In un “inizio 2024 con tassi alti più a lungo e petrolio più caro, ma maggior fiducia e servizi in espansione” il centro studi di Confindustria vede “luci e ombre” su congiuntura e previsioni per l’economia. “Il Pil italiano, cresciuto a fine 2023 (+0,2%) grazie a servizi e costruzioni, nel primo trimestre 2024 è sostenuto da fiducia in aumento e inflazione poco sopra i minimi. L’industria sembra vicina ad archiviare la fase di flessione, ma i tassi rimarranno alti più a lungo dell’atteso”. E “resta il freno ai flussi commerciali dovuto alla riduzione dei transiti nel canale di Suez”, rilevano gli economisti di via dell’Astronomia.
L’analisi ‘Congiuntura Flash’ del centro studi di via dell’Astronomia ripercorre tutti i principali indicatori per congiuntura e previsioni. Evidenzia quanto sia “ampio il divario Italia-Eurozona” per l’inflazione che in Italia “è risalita di poco a gennaio (+0,8% annuo, da +0,6%), per un ‘effetto base’ avverso sui prezzi energetici. È cresciuta anche in Spagna (+3,5% da 3,3%), diminuita in Germania (+3,1% da 3,8%) e Francia (+3,4% da 4,1%): nella media eurozona è scesa appena a +2,8% da 2,9% a dicembre”. Intanto “si allungano i tempi per il taglio dei tassi. Le attese dei mercati sui tassi di interesse restano al ribasso, ma segnalano che la lenta decelerazione dei prezzi potrebbe indurre un ritardo”, ed “ora il primo taglio è atteso per maggio, non più per marzo-aprile. I tassi sovrani ne hanno risentito poco”.
Sul fronte del lavoro “indicatori in miglioramento. A dicembre 2023 il tasso di occupazione è salito al 61,9% (dal 59% di fine 2019), quello di attività al 66,8% (dal 65,5%), mentre la disoccupazione è scesa al 7,2% (dal 9,7%). L’espansione dell’occupazione ha perso slancio a novembre-dicembre, ed è ora legata a doppio filo all’andamento dell’attività economica”.
Mentre “il recupero del potere di acquisto dei salari, iniziato dalla primavera 2023, è atteso in rafforzamento nel 2024 e, solo in parte, sosterrà i consumi delle famiglie”.
Per i consumi “finora segnali misti. Le vendite al dettaglio sono scese a dicembre (-0,5%, ma +0,1% sui 3 mesi), ma a gennaio è risalita la fiducia delle famiglie e delle imprese del commercio. Si va esaurendo il finanziamento dei consumi con il risparmio, che anzi verrà ricostituito grazie all’aumento del reddito reale. Negativi i giudizi sull’opportunità di acquisto di beni durevoli, a causa dei tassi alti”.
“I servizi trainano” l’economia. Ma nell’industria il calo si attenua, in linea con il recupero della fiducia delle imprese (che resta bassa) e le attese di una produzione in via di stabilizzazione indicate dalle imprese nell’indagine rapida del Csc. L’Export è “in ripresa tra nuovi rischi: resta la tensione nel Mar Rosso. Nello scenario globale, è “stagnazione nell’Area euro. Negli Usa “segnali di frenata”. La Cina “in espansione”.
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