Scoperto in Italia uno dei meteoriti più rari mai visti. E’ infatti il terzo a contenere una rarissima lega di alluminio e rame e il secondo con un quasicristallo di origine naturale, ossia un materiale considerato ‘impossibile’ perché, a differenza dei normali cristalli, la sua struttura segue schemi che non si ripetono mai. Descritto sulla rivista Communications Earth & Environment dalla ricerca italiana guidata da Giovanna Agrosì, docente di Mineralogia dell’Università di Bari, il meteorite è una minuscola sferetta ed è stato scoperto in Calabria, sul Monte Gariglione. Lo ha trovato un collezionista, attratto dall’insolita lucentezza metallica, che lo ha poi spedito all’Università di Bari. Qui le analisi hanno confermato l’origine extraterrestre della sferetta, attualmente conservata nel Museo di Scienze della Terra dell’Università di Bari.
Con Agrosi hanno collaborato allo studio i ricercatori del dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari (Daniela Mele, Gioacchino Tempesta e Floriana Rizzo), il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze (Luca Bindi e Tiziano Catelani) e l’Agenzia Spaziale Italiana, con Paola Manzari. Bindi, in particolare, ha scoperto un quasicristallo in uno dei meteoriti conservati nel museo di Storia Naturale dell’università di Firenze e le sue ricerche hanno permesso di confermate che i quasicristalli, la cui scoperta è stata premiata nel 2011 con il Nobel per la Chimica, sono un nuovo tipo di materia a tutti gli effetti.
“Fu Dan Shechtman, poi premiato nel 2011 con un Nobel per le sue scoperte, a studiarne negli anni ’80 la struttura, che li rende preziosi anche per applicazioni in vari settori industriali. Quindici anni fa, fui proprio io – ha detto Bindi – a scoprire che tale materiale esisteva anche in natura, grazie all’individuazione del primo quasicristallo in un campione appartenente alla meteorite Khatyrka, conservato nel museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze”. Questa seconda meteorite con dei quasicristalli scoperta in Calabria si trovava quindi a migliaia di chilometri dal primo ritrovamento.
“Lo sviluppo delle scienze planetarie in Italia meridionale è un punto su cui abbiamo sempre creduto e questa scoperta dimostra come il contributo degli studi geologico-mineralogici siano essenziali per il progresso delle conoscenze sul nostro Sistema Solare”, ha osservato Agrosì.
Per Paola Manzari, dell’unità di Coordinamento ricerca e alta formazione del Centro Spaziale di Matera dell’Asi, “i risultati di questa ricerca mostrano che esiste un universo ancora ignoto di fasi mineralogiche alla nanoscala nei materiali di origine extraterrestre, che riesce ancora a sorprenderci. La scoperta di questa lega anomala in una matrice condritica insieme alla presenza dei quasicristalli, apre nuovi scenari sulle origini del materiale originario da cui si è staccato il frammentino e fornisce nuovi elementi per comprendere i meccanismi di formazione del Sistema Solare”. Anche secondo Giuseppe Mastronuzzi, direttore del dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, “la scoperta è importantissima non solo per le scienze mineralogiche e planetarie, ma per la fisica e la chimica dello stato solido; essa dimostra ancora una volta – ha aggiunto – che i quasicristalli possono formarsi spontaneamente in natura e, soprattutto, rimanere stabili per tempi geologici”.
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