“Eravamo in ritardo, molti artisti dovevano ancora cantare, e quattro di loro non sono riusciti a farlo, infatti torneranno da me domenica. Si figuri se ho paura ad affrontare il tema dei migranti. L’ho fatto molte volte. Ora ho invitato Dargen D’Amico in trasmissione domenica prossima, spero che venga”. Lo dice Mara Venier in un’intervista esclusiva al Corriere della sera – oggi online e domani sulla carta -, parlando per la prima volta della puntata di Domenica in di domenica scorsa che ha scatenato le polemiche per l’interruzione di Dargen D’Amico e la lettura del comunicato di Roberto Sergio.
“Senta, io sono una conduttrice Rai. Se l’amministratore delegato della Rai mi chiede di leggere un comunicato, io lo faccio. Quanto al contenuto, forse qualcuno non è d’accordo con la condanna del massacro del 7 ottobre? Certo, è doveroso ricordare anche le vittime innocenti di Gaza”, spiega al Corriere Mara Venier che vive nel ghetto a Roma. “Conosco e sono vicina a molte persone della comunità ebraica. Il primo ruolo che ho avuto come attrice fu quello di Vanda, un’ebrea suicida dopo le leggi razziali, nel film con Alida Valli Diario di un italiano…”.
“Io piango per le mamme di Gaza che hanno perso i loro figli bambini, come piango per le donne ebree stuprate e prese in ostaggio. Piango per tutte le vittime civili. E se c’è qualcuno che al tema delle violenze sulle donne è sempre stata sensibile e ha sempre dato spazio, sono io. Vorrei che gli ostaggi fossero liberati. E vorrei che si fermassero i bombardamenti sui civili e si trovasse una soluzione politica. Mi riconosco nelle parole di Papa Francesco, nei suoi appelli alla pace”.
Quanto alle critiche per non aver fatto parlare gli artisti: “Certo che gli artisti devono essere liberi di esprimersi. Però anche quello che dicono può essere discusso. E tutte le opinioni dovrebbero essere rappresentate. Domenica da me Ghali ha potuto parlare in piena libertà, ha risposto alle critiche dell’ambasciatore di Israele, ha concluso il suo ragionamento senza che nessuno lo interrompesse”.
In un fuorionda ha zittito i giornalisti: “Non ho zittito nessuno. L’imbarazzo non era per il tipo di domande, ma per i ritmi, il tempo che passava, gli artisti che stavano lì e dovevano cantare….”. E aggiunge: “Sicura. Il disagio mio era per il tempo, non per le domande. È ovvio che una domanda sull’immigrazione richiede una riflessione ampia, una risposta complessa, che non si risolve in trenta secondi. I giornalisti sono sempre stati i benvenuti nelle mie trasmissioni, e sono sempre stati liberi di fare le domande che ritenevano più opportune. Così è accaduto anche domenica scorsa: hanno chiesto a Ghali di Gaza, a Dargen D’Amico dei migranti. C’era una trasmissione da portare a termine, trenta cantanti da ascoltare.
Ripeto: mi dispiace aver interrotto Dargen, lo aspetto domenica da me”.
Repubblica la definisce “vestale del melonismo”, le viene chiesto. “Ho pianto molto in questi giorni, ma questa definizione mi fa davvero sorridere. Se sono da trent’anni in tv, è perché non ho mai sposato una parte politica. Io mi rivolgo a tutto il pubblico, a prescindere dalle idee politiche di ciascuno, e rispettandole tutte. Da donna, sono contenta che ci sia una donna presidente del Consiglio. Ma continuerò ad ascoltare tutte le voci”.
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