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L’abbraccio di Milei con il Papa, “non ci posso credere”

Le critiche a senso unico, e persino gli insulti, dei mesi passati si sciolgono in una calorosa stretta di mano e in un abbraccio affettuoso, quasi fraterno. “E’ stato fortissimo, non ci posso credere”, commenta il presidente dell’Argentina Javier Milei al suo circolo intimo l’abbraccio fuori protocollo con papa Francesco nella Basilica di San Pietro prima della messa col rito di canonizzazione di Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa, più nota come “Mama Antula”, la prima santa del Paese latino-americano.

Un ulteriore saluto tra i due si ripete poi a conclusione della cerimonia, insieme al resto della delegazione ufficiale. Parole e immagini subito rilanciate dai media argentini a cui fa seguito anche l’immancabile post sui social del leader ultraliberista accompagnato da un “muchas gracias!” in lettere maiuscole. Il saluto di Bergoglio a Milei, per quanto previsto dall’agenda, non era affatto scontato nella sua estrema cordialità, segno che per il Pontefice argentino gli improperi ricevuti da Milei durante la campagna elettorale – “personaggio nefasto” con “un’affinità con i comunisti assassini”, addirittura “imbecille” e “rappresentante del Maligno in terra” – sono ormai cose del passato. Tra l’altro, il presidente “anarco-capitalista” e di estrema destra porta avanti in patria un durissimo piano di tagli alla spesa fortemente criticato dalle organizzazioni sociali. Milei incassa in questo modo un primo gesto del Pontefice in attesa dell’udienza privata di domani mattina e forse anche dell’annuncio di una visita in Argentina nel secondo semestre di quest’anno.

Lunedì a Roma il capo di Stato argentino incontrerà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Intanto, però, non devono essere suonate proprio come musica per le sue orecchie e per le sue posizioni sociali le parole pronunciate dal Papa nell’omelia della messa per la nuova santa “Mama Antula” (1730-1799), fondatrice della casa di esercizi spirituali a Buenos Aires e paladina dei poveri e dei diseredati. “Paura, pregiudizio e falsa religiosità: ecco tre cause di una grande ingiustizia, tre ‘lebbre dell’anima’ che fanno soffrire un debole, scartandolo come un rifiuto”, afferma Francesco.

E “non pensiamo che siano solo cose del passato”, avverte: “Quante persone sofferenti incontriamo sui marciapiedi delle nostre città! E quante paure, pregiudizi e incoerenze, pure tra chi crede e si professa cristiano, contribuiscono a ferirle ulteriormente! Anche nel nostro tempo c’è tanta emarginazione, ci sono barriere da abbattere, ‘lebbre’ da curare”. Il Papa punta il dito su “quando prendiamo le distanze dagli altri per pensare a noi stessi, quando riduciamo il mondo alle mura del nostro ‘star bene’, quando crediamo che il problema siano sempre e solo gli altri…”. “In questi casi stiamo attenti, perché la diagnosi è chiara, è ‘lebbra dell’anima’ – ammonisce -: malattia che ci rende insensibili all’amore, alla compassione, che ci distrugge attraverso le ‘cancrene’ dell’egoismo, del preconcetto, dell’indifferenza e dell’intolleranza”. All’Angelus dopo la messa, essendo oggi anche la Giornata mondiale del malato, Francesco denuncia “il fatto che ci sono tante persone oggi alle quali è negato il diritto alle cure, e dunque il diritto alla vita”. “Penso a quanti vivono in povertà estrema – prosegue -, ma penso anche ai territori di guerra: lì sono violati ogni giorno i diritti umani fondamentali! E’ intollerabile”. “Preghiamo per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele – conclude il Pontefice -, preghiamo per il Myanmar e per tutti i popoli martoriati dalla guerra”.
   

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