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Netanyahu sfida gli Usa e ordina l’evacuazione di Rafah

Benyamin Netanyahu sfida gli Usa e ordina l’evacuazione di Rafah in vista dell’offensiva militare israeliana contro Hamas nella città del sud della Striscia dove sono stipati centinaia di migliaia di sfollati palestinesi. Il premier israeliano tira quindi dritto di fronte alla palese insofferenza se non l’aperta opposizione del presidente americano Joe Biden, che ha definito “esagerata” la risposta di Israele agli attacchi del 7 ottobre. Netanyahu ha informato i ministri del gabinetto politico dell’imminente “massiccia operazione” nell’ultima città della Striscia prima dell’Egitto, il cui punto di avvio potrebbe essere la vicina Khan Yunis, dove continuano i combattimenti. “Non è possibile – ha spiegato il capo del governo israeliano – raggiungere l’obiettivo di eliminare Hamas e al tempo stesso lasciare quattro suoi battaglioni a Rafah”. Poi ha aggiunto che è “chiaro che un’operazione massiccia a Rafah obbliga allo sgombero dei civili dalle zone di combattimento”. Il premier ha parlato di un “doppio piano”: uno per l’eliminazione dei battaglioni di Hamas, l’altro per l’evacuazione della popolazione civile. Per questo ha ordinato all’apparato di difesa di preparare le misure per evacuare le centinaia di migliaia di civili a Rafah, nel cui governatorato, secondo l’Unicef, “ci sono 600mila bambini”.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha informato il suo omologo statunitense Lloyd Austin la notte scorsa. Una scelta dettata dalle prime reazioni di Washington, che aveva denunciato di non sapere nulla della decisione, definendola tuttavia foriera di “un disastro” umanitario. Gallant ha ribadito a Austin la volontà di raggiungere “gli obiettivi della guerra, la distruzione di Hamas, la liberazione degli ostaggi” e gli ha illustrato “gli sviluppi della guerra”. Dura la reazione del capo della Casa Bianca, che ha bollato la condotta militare di Israele come “una risposta esagerata”. Biden ha spiegato di aver spinto “per consentire l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Ho convinto Netanyahu, ho fatto forti pressioni” ma “ci sono ancora moltissime persone innocenti che muoiono di fame, donne e bambini innocenti che hanno disperato bisogno di aiuto”.

Le pressioni americane tuttavia non sembrano avere effetto sul governo israeliano, così come la condanna veemente dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen all’intenzione di attaccare Rafah: “E’ un pericoloso preludio all’attuazione della politica israeliana volta a sfollare il popolo palestinese dalla sua terra”, ha accusato la presidenza di Ramallah. “Le notizie di un’offensiva militare israeliana su Rafah sono allarmanti – ha twittato anche l’alto rappresentante Ue Josep Borrell -. Avrebbe conseguenze catastrofiche aggravando la già disastrosa situazione umanitaria e l’insopportabile tributo di civili”. La reazione di Biden è stata accolta invece con soddisfazione dall’Egitto, che si trova dall’altra parte di Rafah e che ha fatto sapere di aver rafforzato le misure di sicurezza al valico con la Striscia. Già da tempo comunque Il Cairo – dove continuano i colloqui per una nuova proposta di cessate il fuoco – ha incrementato le protezioni lungo tutto il confine con Israele con l’intento di impedire il passaggio nel Sinai dei profughi palestinesi in fuga dalla guerra. Nel 126esimo giorno di conflitto, l’esercito ha continuato intanto a martellare Rafah dal cielo: Al Jazeera ha riferito di “almeno 8 persone uccise e altre 18 ferite in raid su due case” della città. Tra le vittime, secondo l’agenzia palestinese Wafa, “almeno tre bambini”. Mentre nello scontro sempre più aspro tra Israele e l’Onu, il presidente della Knesset Ami Ohana ha annunciato di aver cancellato un incontro a New York con il segretario generale Antonio Guterres. “Volevo provare a persuaderlo ma ieri – ha fatto sapere Ohana – ha di nuovo fatto appello ad Israele a fermare i combattimenti e lo ha criticato. Ci sono cause perse e linee rosse”.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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