BRUXELLES – I Paesi Ue hanno bloccato l’accordo politico, sulle nuove norme sulla due diligence che richiederebbero alle aziende attive in Europa nuovi obblighi per monitorare e prevenire i danni ambientali e le violazioni dei diritti umani lungo la loro intera catena del valore. Lo riferisce la presidenza Ue del Belgio. Alla riunione degli ambasciatori dei 27 non è stata trovata la maggioranza qualificata necessaria e il dossier non è stato messo ai voti. I governi torneranno a negoziare “a livello tecnico”, spiega la presidenza. Berlino guida i Paesi che hanno espresso riserve sull’intesa. L’Italia, a quanto si apprende, si sarebbe astenuta.
“È risaputo” che il governo tedesco “non è d’accordo” sull’accordo raggiunto a dicembre sulla due diligence, ha detto in mattinata il segretario di Stato tedesco all’Economia, Sven Giegold, indicando che – se si fosse tenuta la votazione – la Germania si sarebbe astenuta.
L’astensione tedesca è stata imposta nei mesi scorsi dall’opposizione dei liberali dell’Fdp all’interno della coalizione di governo. A quanto si apprende, insieme a Berlino e ad altre capitali, anche Roma si sarebbe astenuta, formando così una minoranza di blocco che avrebbe fatto naufragare l’accordo politico raggiunto in via provvisoria a dicembre. Le nuove norme, che includono obblighi e sanzioni, si applicheranno all’intera catena di attività delle grandi imprese Ue ed extra-Ue che operano sul suolo continentale e coprono anche le controllate e i partner commerciali delle aziende.
L’obiettivo dichiarato è punire gli abusi ambientali e le violazioni dei diritti umani come il lavoro forzato o minorile. Le sanzioni previste comprendono misure quali il ‘naming and shaming’ (pubblicazione dei nomi dei trasgressori), il ritiro dal mercato dei prodotti dell’azienda o ammende pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale. Le aziende extra-Ue che non rispettano le regole sarebbero poi escluse dagli appalti pubblici europei.
La legislazione sulla due diligence rappresenta uno degli sforzi più ambiziosi dell’Unione per cercare di elevare gli standard di tutela nei Paesi terzi e in via di sviluppo, oltre che nei suoi Ventisette. Sono aspre però le critiche dai rappresentanti delle imprese, preoccupati dai potenziali ulteriori oneri amministrativi in un momento in cui sia l’Ue che i governi nazionali stanno al contrario cercando di snellire la burocrazia. Nel dicembre scorso le organizzazioni degli industriali di Italia, Germania e Francia (Confindustria, Bdi/Bda e Medef) avevano inviato una lettera congiunta ai tre governi mettendo in evidenza tutte le criticità del testo, dalla responsabilità civile per le aziende al rischio di un disimpegno in aree strategiche del mondo, con pesanti ricadute in termini anche occupazionali.