La strada per l’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva è in discesa, ma un accordo all’ultimo bivio è ancora possibile. La certezza è che nell’intenzione del governo in entrambi i casi il risultato dovrà essere lo stesso: garantire il rilancio produttivo, occupazionale e la riconversione ambientale degli stabilimenti di Taranto. Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, fa il punto in commissione Industria al Senato, confermando che tra gli azionisti, Invitalia e Arcelor Mittal, il confronto “è tutt’ora in corso” ma in assenza di soluzioni “dopo aver salvaguardato i crediti dell’indotto si procederà al commissariamento; tutti gli strumenti sono stati attivati”.
Tecnicamente il governo può agire in qualsiasi momento, gli ingranaggi sono oleati e pronti, ma si cerca comunque sul filo di lana un’uscita soft di Mittal da Acciaierie d’Italia, evitando così il peso di una probabile battaglia legale.
Al netto delle trattative il clima è di scontro. Urso affonda: “Mi ha stupito apprendere che l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia non sia venuta nemmeno in audizione a dare le informazioni che il Parlamento ha ritenuto di chiedere.
Queste informazioni non sono state date nemmeno al socio pubblico e ai commissari titolari degli impianti”.
Pronta la replica di Acciaierie che fa sapere, riguardo le informazioni sull’indotto, di non aver “mai ricevuto alcuna richiesta da Sace”, definendo “prive di ogni fondamento” le affermazioni comparse sulla stampa in questi giorni. L’azienda spiega anche di “non essere stata convocata dalla commissione” Industria del Senato, manifestando al contempo la propria disponibilità.
A stretto giro, dalla commissione Industria di Palazzo Madama, arriva la puntualizzazione del presidente Luca De Carlo: abbiamo “provveduto a invitare la presidenza di Acciaierie d’Italia per essere ascoltata sui decreti Ilva” ma “ha ritenuto di non aderire alla convocazione”. Raccolgo con favore la rinnovata disponibilità”, afferma De Carlo, dicendosi “pronto ad audirli in commissione già nella seduta di martedì prossimo”.
Sul dialogo tra le parti è in pressing il fattore tempo. Non ne resta a disposizione. L’allarme dei sindacati è ormai costante. La Fiom avverte “che gli attuali assetti di marcia potrebbero determinare situazioni di fermo impianti irreversibili” e chiede un incontro urgente all’ad e al direttore di stabilimento “per avere informazioni dettagliate”.
E’ scontro anche sul fronte politico. Il vicepresidente e coordinatore economico del M5s, Mario Turco, accusa il governo di “gestione dilettantesca della vicenda Ilva”, sottolineando come il commissariamento non sia la soluzione. L’esecutivo, afferma Turco, “deve farci capire quale è la prospettiva per l’intero territorio di Taranto e se si vuole davvero realizzare un processo di trasformazione socio-economica della città verso un orizzonte più sostenibile”.
Taranto ma non solo, perché in sofferenza ci sono anche gli altri stabilimenti dell’ex Ilva. “La crisi finanziaria ha determinato il blocco di un’altra linea produttiva nello stabilimento di Cornigliano, a Genova”, riferiscono i senatori del Partito democratico Annamaria Furlan e Lorenzo Basso. “Un fermo – spiegano – che coinvolge 250 lavoratori, impossibilitati a lavorare a causa di un guasto che la ditta di manutenzione non ha proceduto a riparare perché non pagata”.
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