Due cortei contrapposti, un presidio e un gazebo devastato: in quel 18 febbraio del 2017 ci fu molto lavoro per le forze dell’ordine in un sabato di tensione particolare a Monza. Tutto era nato qualche giorno prima, il 13 febbraio, quando l’Associazione amici e discendenti degli esuli (Ades), legata a Lealtà Azione, aveva dato appuntamento alla Villa Reale di Monza per il sabato successivo per celebrare il Giorno del Ricordo, la commemorazione in memoria delle vittime delle foibe. Immediata la reazione di Anpi e Aned che chiesero di poter effettuare un presidio a cui aderirono altre realtà, dalla Cgil al centro sociale Foa Boccaccio. A tutti il questore concesse un presidio ma vietò di manifestare per le vie della città per evitare che i due gruppi venissero a contatto. Di fatto, i militanti di Lealtà Azione marciarono dalla loro sede fino alla Villa Reale, dove si trovarono anche militanti di Fratelli d’Italia con l’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Fecero un breve corteo anche i militanti del Boccaccio che, dalla sede del centro sociale, attraversarono via Italia, una strada pedonale del centro, per arrivare al presidio dell’Anpi.
Proprio in quella strada passarono di fianco a un gazebo allestito dalla Lega per il tesseramento e lo distrussero, con una delle due militanti presenti dei Giovani padani che girò un breve video rilanciato sui social del Carroccio. “Ecco la tolleranza dei kompagni che amano i clandestini e odiano gli italiani: aggredire, spaccare, insultare! Vergognatevi, vigliacchi!”, scrisse Matteo Salvini.
Quel video è stato alla base del processo con quattro antagonisti imputati, tra i quali Ilaria Salis, procedimento arrivato a sentenza il primo dicembre del 2023 con il giudice Maria Letizia Borlone che ha accolto la richiesta di assoluzione avanzata non solo dalla difesa ma anche dal pubblico ministero, spiegando che per gli imputati “la mera partecipazione al corteo senza partecipazione o istigazione all’azione delittuosa non può costituire un’ipotesi concorsuale neanche morale”. Inoltre, nelle motivazioni la giudice scrisse che Ilaria Salis mise “il braccio dietro la schiena ad un giovane che aveva appena buttato a terra la bandiera leghista, come ad invitarlo a proseguire nel corteo”.
Come testimoni vennero sentite le due militanti della Lega e anche il segretario cittadino del Carroccio, Federico Arena, che divenne poi assessore alla Sicurezza con il nuovo sindaco Dario Allevi, che aveva materialmente sporto la denuncia. Pur essendo parte offesa, la Lega non si è costituita parte civile in un processo che si è quindi chiuso in primo grado, visto che il pm non ha fatto ricorso.
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