“Quel dipinto, per le perizie e per gli esperti, non è un Valentin de Boulogne e io non sono mai stato il proprietario”: lo dice il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi che annuncia un’ “azione civile da 5 milioni di euro contro gli autori della finta inchiesta e la Rai” che ieri sera a Report ha mandato in onda un servizio in cui si sostiene che il critico d’arte abbia acquistato il dipinto da una persona in condizioni disagiate e che lo abbia esportato “illecitamente” all’estero.
Lo storico e critico fa sapere che intende citare in giudizio, con una richiesta di danni per 5 milioni di euro, la trasmissione della Rai Report e gli autori “della finta inchiesta, Thomas Mackinson e Manuele Bonaccorsi, per la reiterata opera di diffamazione” nei suoi confronti, basata, aggiunge Sgarbi, “su ipotesi menzognere relative al valore del dipinto”. “Nessun critico – sostiene Sgarbi – lo ha mai pubblicato o attribuito al francese Valentin de Boulogne. La serie di menzogne e la finzione senza fondamento, contrastate anche dai risultati d’asta per dipinti analoghi e nelle valutazioni della fototeca Zeri, sono continuate nella puntata di domenica 28 gennaio con altre ricostruzioni infondate, gravemente lesive della mia immagine e contro la verità dei fatti. La trasmissione, ancora una volta, con una narrazione dei fatti costruita su presupposti falsi, mi accusa di avere esportato illecitamente l’opera all’estero. L’unico valore accertato per il dipinto è inferiore a quello per cui è previsto il reato di illecita esportazione. Io non ho, per l’evidenza delle testimonianze raccolte, mai avuto la proprietà di quel dipinto, unanimemente ritenuto non di Valentin de Boulogne”.
Quanto al prezzo che avrebbe pagato Sgarbi al proprietario del dipinto, 10mila euro, “io non mai incontrato il venditore del quadro, ma ho semplicemente valutato la natura di copia, ignorando che essa appartenesse ‘a persone con disagi materiali o fisici’, inaccettabile insinuazione, quest’ultima, del signor Ranucci, a fianco di una valutazione assolutamente infondata”.
“Non è pensabile – conclude – che il servizio pubblico agisca con un processo di diffamazione sistematica con il solo intento di denigrarmi, nell’ignoranza di quello di cui si parla. Le indagini sul dipinto escludono che possa appartenere a Valentin de Boulogne e indicano che l’opera su cui si è costruita l’azione diffamatoria possa essere, invece, una vecchia tela con una pittura più recente. L’accertamento della vendita a 10mila euro parla da solo. Il resto – conclude – è fantasia di menti ignoranti e criminali”.
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