BRUXELLES – Un salario minimo garantito per i lavoratori di tutta l’Ue, seppur non obbligatorio: è quanto propone la Commissione Ue in una direttiva pubblicata oggi con la quale punta a rafforzare la contrattazione collettiva spingendo quei Paesi dove oggi non arriva a coprire il 70% dei lavoratori a prevedere un quadro normativo ‘ad hoc’ e un piano d’azione per promuoverla, nonché un migliore monitoraggio della protezione stabilita in ogni Paese. Bruxelles propone standard minimi in tutta Europa, senza però obbligare gli Stati membri a introdurre una base minima legale e rispettando l’autonomia delle parti sociali e la libertà contrattuale in materia salariale. Tra i criteri suggeriti per stabilire salari minimi legali, l’esecutivo Ue inserisce il livello generale di salari lordi e la loro distribuzione, gli sviluppi sulla produttività del lavoro, il tasso di crescita dei salari lordi e il potere d’acquisto.
La Commissione di fatto non imporrà nessuna nuova regola agli Stati membri ma metterà in piedi un sistema di monitoraggio annuale sull’esempio di quelli già attivi per l’evoluzione macroeconomica e i conti pubblici dei Ventisette. I criteri indicati da Bruxelles “dovrebbero essere sempre controllati” dalle autorità nazionali “per adeguare” i salari minimi praticati “e anche per garantire che i livelli” in vigore “non siano troppo bassi, perché i salari minimi in certi Stati membri rendono la vita impossibile”, ha detto il commissario Ue per il Lavoro, Nicolas Schmit, presentando la proposta. Attualmente, sono 21 gli Stati membri dove i salari minimi sono stabiliti da statuto nazionale e 6 quelli, tra cui l’Italia, in cui invece la protezione salariale minima è garantita esclusivamente da contratti collettivi. Il sistema di monitoraggio sugli stipendi “è un segnale politico e sociale importante perché, soprattutto alla luce di questa crisi, abbiamo bisogno di più dialogo sociale e di una migliore contrattazione collettiva”, ha evidenziato Schmit, ricordando che “gli stipendi sono una parte importante dell’economia” e che è necessario “lavorare sulla loro convergenza sociale in Europa”. In Ue, ha proseguito Schmit, gli stipendi più alti possono superare quelli più bassi di 7 volte, una differenza che non è così ampia nel costo della vita da Paese a Paese.