Bill Clinton e Jill Jacobs, la moglie di Joe Biden che sogna di diventare la prima first lady italo-americana, sono le stelle della seconda serata della convention dem: quella del ‘roll call’, l’appello dei 57 Stati e territori Usa, con i loro rappresentanti che annunciano i voti per la nomination ufficiale del candidato presidente prima dell’accettazione prevista per giovedì. Clinton, che mercoledì compie 74 anni, ha sempre parlato da protagonista in tutte le convention democratiche dal 1988 e resta ancora molto popolare ma questa volta ha avuto meno di 5 minuti, dalla sua casa a Chappaqua, Ny. Una presenza ridotta che sembra riflettere anche il calo della sua influenza personale e la minor sintonia delle sue passate politiche di centro in un partito che guarda sempre più a sinistra. Qualcuno era addirittura perplesso sul fatto di giocare la carta Bill in epoca #Metoo, con la coda della vicenda Epstein, nella quale è spuntata come una bomba a orologeria una nuovo foto mentre l’ex presidente si fa fare un messaggio al collo da una delle accusatrici del finanziere.
Ma le sue parole sono state efficaci: “in un tempo come questo l’ufficio Ovale dovrebbe essere un centro di comando. Invece è solo un centro di tempeste. C’è solo caos. Solo una cosa non cambia mai: la sua determinazione a negare ogni responsabilità e a scaricarla su altri”. Quindi ha posto l’alternativa tra Biden e Trump: “il nostro partito è unito nell’offrirvi una scelta molto diversa: un presidente che va al lavoro, un uomo semplice, che porta a termine quello che fa. Un uomo con una missione: assumersi le responsabilità, non scaricare le colpe, concentrato, non distratto, che unisce, e non divide. La nostra scelta è Joe Biden.
Non ha deluso neppure l’educatrice Jill, l’ex second lady ed ora consigliera ombra di Biden. “Come si ricostruisce una famiglia distrutta? Nello stesso modo in cui si ricostruisce un paese. Con amore e comprensione, con piccoli atti di empatia.
Con coraggio e con una fede irremovibile”, ha detto.
Nella notte dedicata al tema ‘leadership matters’ (la leadership conta), i fari sono rimasti puntati anche sulla deputata ispanica Alexandria Ocasio-Cortez, la pasionaria della sinistra che con la sua ‘squad’ finora è rimasta tiepida verso il ticket Biden-Harris. La giovane star del partito aveva già criticato l’ospitalità data all’ex governatore repubblicano dell’Ohio John Kasich, schieratosi con Biden in una operazione per allargare la base dem, ricordando che è un antiabortista convinto. E si è era già lamentata di avere solo un minuto a disposizione. Tra i relatori anche l’ex presidente Jimmy Carter con la moglie Rosalynn e l’ex ambasciatrice Caroline Kennedy, figlia dell’iconico Jfk. Di fronte alla platea virtuale inoltre l’ex segretario di Stato John Kerry, il leader dem al Senato Chuck Schumer e l’ex attorney general Sally Yates. Nell’aria è rimasta intanto l’eco vibrante dell’appassionato attacco di Michelle Obama a Donald Trump, “il presidente sbagliato per questo Paese, non all’altezza della sfida”, capace di seminare solo “caos, divisioni e una totale carenza di empatia”. “It is what it is”, “è quello che è”, lo ha seppellito usando le sue stesse, criticatissime parole quando ha parlato dei pesante bilancio di vittime di coronavirus in Usa. Mai una ex first lady aveva criticato così aspramente e direttamente un presidente in carica, mettendolo sotto accusa in questo caso per la gestione della pandemia, dell’economia e delle proteste razziali. “Torna a sederti e stai a guardare”, è stata la velenosa risposta di Trump, che in una raffica di tweet ha attaccato l’amministrazione Obama-Biden (“la più corrotta della storia”), dalla gestione dell’influenza suina allo “spionaggio” della sua campagna nel 2016. Anche se proprio oggi un rapporto del Senato sul Russiagate, il primo bipartisan, ha confermato le conclusioni dell’inchiesta del super procuratore Robert Mueller sul fatto che il governo russo varò un’estesa campagna quattro anni fa per sabotare le elezioni e far vincere il tycoon, mentre alcuni suoi consiglieri rimasero aperti all’aiuto di Mosca, benché non ci sia stata una cospirazione coordinata. “Per favore qualcuno spieghi a Michelle Obama che non sarei qui, nella meravigliosa Casa Bianca, se non fosse per il lavoro che ha fatto suo marito”, ha incalzato il presidente ringraziando sarcasticamente l’ex first lady “per le tue gentili parole”, prima di vantare i propri asseriti successi nell’economia e nella lotta alla pandemia. L’intervento di Michelle mobilita soprattutto l’elettorato femminile, oltre a quello delle minoranze. Ecco quindi che Trump, per ingraziarsi a sua volta le donne, ha annunciato la grazia postuma a Susan Anthony, attivista e pioniera dei diritti civili arrestata nel 1872 nella sua battaglia per il diritto di voto delle donne negli Stati Uniti: un gesto che arriva in occasione del 100/mo anniversario del 19/mo emendamento, quello che garantì il suffragio femminile a livello federale e che ora potrebbe cambiare le sorti delle elezioni di novembre.