LOUISE VERCORS, PIERRE D’ONNEAU, FUORI DI TESTA! STORIA SPETTINATA DELL’UMANITÀ’ (DONZELLI, PP 112, EURO 15,00) Gilgames, il leggendario re mesopotamico, riuscì a strangolare un leone a mani nude grazie alla sua chioma. Sansone mantenne la sua forza prodigiosa fino a quando Dalila non gli tagliò a tradimento le sette trecce nel sonno. Nell’Antico Egitto poveri e schiavi dovevano rasarsi e lasciare la testa scoperta perché l’acconciatura era un tratto distintivo del rango sociale. Il potere sta nei capelli, perfino finti come le parrucche del Re Sole.
Simbolo di potenza e di forza vitale, di umiliazione, disumanizzazione e ribellione. Legati alla seduzione e alla sensualità delle donne, i capelli sono i testimoni delle società. Molti segreti e curiosità della nostra storia si scoprono nelle acconciature, nelle mode e miti sulla capigliatura come ci racconta ‘Fuori di Testa! Storia spettinata dell’umanità’ di Louise Vercors, che insegna grammatica e si interessa di chiome, ufo e dinosauri, e Pierre D’Onneau, graphic designer e illustratore.
Libro dell’estate di Donzelli editore che lo pubblica nella traduzione di Adelina Galeotti, accompagnato da illustrazioni, è una divertente e approfondita immersione nel mondo dei capelli che, a seconda del modo di portarli, diventano espressione di un’epoca, di appartenenza a una classe sociale o a un movimento di protesta. Un segno distintivo per affermarci come individui, uno specchio della nostra personalità e del nostro rapporto col mondo.
Dai capelli faraonici a quelli reali, dalla moda rasta a quella afro, dal punk agli skinhead, dagli hippy al grunge, la Vercors nella sua storia spettinata ci regala anche antiche ricette per avere bei capelli come quella che suggerisce di “rosolare in un po’ d’olio un piede di levriero, dei noccioli di datteri e uno zoccolo d’asino. Strofinate regolarmente il cuoio capelluto con il composto”. E ci racconta come nell’antico Egitto sulla parrucca la donna poggiasse “un piccolo cono di grasso profumato che, sciogliendosi, impregnava la capigliatura di gradevoli essenze”. La pratica di rapare i capelli era invece talmente umiliante da essere riservata ai nemici o alle donne infedeli. Si racconta che Giulio Cesare, quando sconfisse i Galli, piuttosto che radere al suolo i villaggi fece rasare i capelli ai nemici. Un’umiliazione sociale che nel corso della storia è stata inflitta anche a prigionieri politici, soldati, detenuti comuni fino ai campi di concentramento. “Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli”, scriveva Primo Levi deportato ad Auschwitz nel 1944.
Nel libro trovano spazio anche religioni, magia e diverse pratiche, come quella dello scalpo, e tradizioni. Così in Giappone i valorosi samurai si rasavano i capelli sopra la fronte e raccoglievano quelli di dietro in un piccolo chignon e in America Latina i combattenti indigeni kamayurá si distinguevano per un taglio a scodella. Arrivando alle classi dirigenti dei giorni nostri, la capigliatura folta non è più simbolo di onnipotenza e l’autrice cita alcuni studi molto seri sul modo di portare la riga dei governanti. “La maggior parte di loro la porta a sinistra, come John F. Kennedy. Le donne preferiscono la riga a destra. È la tradizione. Questa differenza pare corrisponda all’abbottonatura della camicia, che per gli uomini va da sinistra verso destra, e per le donne da destra a sinistra” racconta la Vercors che cita Hillary Clinton e Margaret Thatcher che “sono state donne di potere. Per questo, hanno scelto la riga a sinistra”. Tra le acconciature la più assurda è quella a Pouf inventata dal parrucchiere di Maria Antonietta, costituita da un cuscino sormontato da vari artifici e oggetti cari alla persona che lo indossava. Ovviamente una volta realizzata le dame del Settecento dormivano sedute, “con la testa avvolta in un velo di filo d’argento per evitare che i topi ci passeggiassero sopra”. Per non parlare di Medusa, del rivoluzionario taglio corto di Giovanna D’Arco e della discriminazione del colore dei capelli delle donne, per cui il biondo domina sul castano e nero e il rosso è considerato malefico. Fino al velo sotto il quale la donna deve nascondere i suoi seduttivi capelli.
In chiusura, i tagli celebri come quello a paggetto lanciato dai Beatles negli anni Sessanta e in appendice le frasi famose, come “avere un diavolo per capello”. (ANSA).
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