I resti custoditi nella tomba del Pantheon a Roma appartengono a Raffaello Sanzio. La conferma viene dalla prima ricostruzione facciale in 3D fatta a partire da un calco dei resti del pittore, ad opera dell’università Tor Vergata di Roma, che è stata confrontata con gli autoritratti conosciuti dell’artista. Lo studio, annunciano gli stessi scienziati, sarà prossimamente sottoposto per la pubblicazione alla rivista Nature. “Questa ricerca – dice Olga Rickards, una delle principlali esperte mondiali di antropologia molecolare – fornisce per la prima volta una prova concreta che lo scheletro riesumato nel Pantheon nel 1833 appartiene a Raffaello”.
La ricerca è stata condotta in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l’Accademia Raffaello di Urbino. “Finora – spiega Mattia Falconi, associato di Biologia molecolare a Tor Vergata – nonostante l’accuratezza delle indagini svolte in quell’anno (1833) dall’anatomista Antonio Trasmondo, principale artefice dell’ultima riesumazione di Raffaello, eseguita con i metodi non risolutivi del tempo ma all’avanguardia per l’epoca, non vi era certezza che i resti ritrovati e conservati nel Pantheon fossero realmente quelli del Sanzio”.
Per fugare i dubbi è stato utilizzato un calco in gesso del cranio di Raffaello prodotto dal formatore Camillo Torrenti nel 1833 in occasione della riesumazione dell’artista. Inizialmente è stato determinato il profilo biologico dell’individuo in esame. La ricostruzione è stata eseguita manualmente al computer.
Infine, la ricostruzione è stata confrontata con gli autoritratti di Raffaello e con dipinti di altri autori al fine di valutare la possibilità che il pittore fosse il soggetto rappresentato. “L’analisi morfologica e metrica del calco – spiega Falconi – ci ha permesso di stabilire che il cranio, mostrando caratteristiche fisiche compatibili con l’aspetto del personaggio, poteva appartenere a Raffaello Sanzio, giustificando in questo modo una eventuale fase di ricostruzione 3D del volto. I risultati finali ottenuti sono coerenti e completamente sovrapponibili con il profilo del grande Urbinate che ci è stato trasmesso da prove storiche e dalle sue opere artistiche”.