NEW YORK – Holly Golightly, con il sorriso di Audrey Hepburn, è da quasi 60 anni uno dei personaggi più iconici nella storia del cinema. Sarebbe stato lo stesso se, anziché chiamarsi così, l’eroina di “Colazione da Tiffany” avesse risposto al più prosaico nome di Connie Gustafson? L’ultima bozza dattiloscritta della novella di Truman Capote che ha ispirato l’omonimo film di Blake Edwards dimostra che l’irresistibile Holly fu tenuta a battesimo in extremis, alla vigilia dell’andata in stampa.
Il documento, costellato di correzioni di pugno di Capote, è stato battuto da Sotheby’s per 378 mila sterline, più che raddoppiando la stima di partenza. Il cambiamento maggiore emerso dalle 93 pagine battute a macchina è quello del nome della protagonista.
Secondo l’esperto di letteratura di Sotheby’s, Gabriel Heaton, una Gustanfson non avrebbe avuto lo stesso duraturo impatto di Golightly: “Poteva funzionare per una giovane sposa che evade dai suoi obblighi coniugali in una cittadina rurale del Texas, ma cola a picco se attaccato a una ragazza di mondo a Manhattan”. Una che, per dirla con le parole di Capote, doveva essere “un simbolo di tutte quelle ragazze venute a New York che per un istante fanno una giravolta sotto il sole. Ho voluto salvare una di queste ragazze e preservarla per la posterità”.
E posterità è stata. Da quello smilzo romanzo dell’allora trentenne scrittore amico di Harper Lee – a pubblicarlo nel 1958 fu la rivista “Esquire” dopo che “Harper’s Bazaar”, che l’aveva acquistato a scatola chiusa, lo rispedì al mittente – Blake Edwards trasse una commedia romantica rimasta immortale grazie alla Hepburn, il suo filo di perle e i “little black dress” di Hubert de Givenchy, ma anche a causa di quel nome: Holly come l’agrifoglio, festoso e pungente, Golightly che significa “andare con leggerezza”, proprio come la sua proprietaria che, tra un gatto e un croissant, naviga da allora la New York degli anni Quaranta affamata di vita.