BRUXELLES – Sognava di diventare un cardiologo, ma si è suicidato a 14 anni in un centro per famiglie di profughi respinti a Glize, nella regione olandese del Limburgo. A raccontare la storia dell’adolescente siriano, Ali Ghezawi, sono stati gli stessi genitori, il padre Ahmad e la madre Aisha. Al giornale olandese Het Parol, i Ghezawi hanno detto che il figlio non ce la faceva più a vivere senza una casa, ormai da nove anni, fin da quando erano fuggiti dalla loro città, Daraa, distrutta dalla guerra. I primi cinque anni da profugo, Ali li aveva vissuti con i genitori e cinque fratelli e sorelle in un campo, in Libano, prima di ottenere l’asilo in Spagna. Tuttavia, la delusione per le condizioni di vita e la mancanza di lavoro nel Paese iberico, a Murcia, avevano spinto la famiglia in Olanda, dove però, in base alla normativa Ue, la loro richiesta di protezione era stata respinta. Così era iniziato un nuovo calvario per Ali e la sua famiglia, rimbalzati da un Paese europeo ad un altro come palline da ping pong.
Tornati in Spagna, i Ghezawi erano stati invitati ad andarsene, a causa dei documenti scaduti, e una volta rientrati nei Paesi Bassi, si erano visti rifiutare di nuovo il permesso di soggiorno. “Quando abbiamo saputo che non potevamo rimanere in Olanda ad Ali è scattato qualcosa dentro”, ha detto Aisha. “Non voleva più parlare o mangiare”. Ali aveva già tentato il suicidio lo scorso anno, ma l’intervento del padre lo aveva salvato. Ieri invece Ali è riuscito nel suo disperato intento, così oggi il piccolo siriano che voleva diventare un medico è stato sepolto, nello strazio della famiglia.