(ANSA) – ROMA, 28 LUG – L’epidemia di Covid-19 sta iniziando a colpire duro anche nel continente africano, ad esempio in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Ma oltre la metà dei 780.000 casi riportati nel continente sono concentrati in Sudafrica, dove gli esperti temono si possa superare il milione.
A spiegarlo sulla rivista Nature è Salim Abdool Karim, uno dei pionieri della lotta all’Aids, ora in prima fila in Sudafrica contro la pandemia.
In molte comunità sudafricane “il distanziamento sociale e il lavaggio frequente delle mani non è praticabile, soprattutto negli insediamenti informali. Temo che i casi arriveranno a superare il milione”, precisa Karim. Tuttavia, l’epidemia nel paese africano si sta muovendo più lentamente del previsto. Dopo il primo caso del 5 marzo, e il raddoppio dei casi ogni 2 giorni, dal 27 marzo è stato imposto un lockdown di 5 mesi, che però è costato il lavoro a 3 milioni di sudafricani. Situazione che ha spinto il governo ad allentare le restrizioni per far ripartire l’economia, tenendo chiuse le scuole per altre 4 settimane. Il lockdown ha permesso di rallentare i casi e non raggiungere il picco come in Europa. Il primo grosso focolaio epidemico si è avuto a Cape Town, e poi nella popolosa provincia di Gauteng con 5-6 mila nuovi casi al giorno. Ma anche così “la nostra epidemia è minore di quanto si fosse previsto”, rileva Karim. Se ciò dipenda dalla giovane età della popolazione, dal clima o da un numero limitato di test, l’esperto non lo sa dire.
“Non c’è ragione perché qui l’epidemia non viaggi veloce come in altri paesi, quali la Nigeria. Anche se non facciamo abbastanza test, vedremmo comunque un aumento dei ricoveri e delle morti.
E’ un enigma”.
Secondo l’esperto “quando un numero sufficiente di persone avrà un parente, un familiare o un vicino ammalatosi o morto di Covid, avranno la spinta ad agire. La migliore protezione dal virus è ciò che in Sudafrica chiamiamo ubuntu, cioè io sono al sicuro perché tu sei al sicuro. Anche con l’Hiv – conclude – quando le morti hanno iniziato a colpire persone vicine, c’è stata la spinta a cambiare il comportamento”. (ANSA).
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