BRUXELLES – La pandemia ha accelerato le trasformazioni digitali e green delle imprese, ma affinchè la transizione sia efficace c’è bisogno di competenze manageriali elevate che non sempre sono già disponibili. Questa l’indicazione che emerge da uno studio realizzato dall’ Osservatorio 4.Manager per conto di Confindustria e Federmanager e presentato durante un seminario online a Bruxelles. Secondo il rapporto la rivoluzione digitale sta cambiando anche i modelli di business rendendo ancora più evidente il gap tra domanda e offerta sul mercato del lavoro: milioni di imprese in poche settimane hanno diversificato prodotti e servizi, aperto o rafforzato la presenza commerciale online, esternalizzato processi produttivi verso zone meno colpite dal virus, modificato catene di approvvigionamento.
“La ripresa economica dell’Europa – ha osservato Matteo Borsani, direttore della delegazione di Confindustria presso l’Ue – dipenderà anche dalla capacità e dalla volontà di investire sulle competenze”. Secondo lo studio, è necessario prestare particolare considerazione al gap di qualifiche manageriali evidente soprattutto nelle Pmi italiane dove c’è una grande capacità imprenditoriale ma allo stesso tempo si registra una forte vulnerabilità delle aziende nei momenti di forte discontinuità, come il lockdown, e nei passaggi generazionali per un’insufficiente struttura manageriale. Inoltre, l’Osservatorio ha stimato che quasi un terzo dei manager industriali italiani è attualmente impiegato in filiere sulle quali il lockdown ha prodotto effetti significativi. Nel 18% dei casi si prevede che la crisi avrà un impatto negativo in termini occupazionali e remunerativi.
I manager italiani sono 860mila (nell’Ue 13,5 milioni) e lavorano principalmente nel settore alberghiero e dell’alimentazione (26,6% degli occupati), del commercio all’ingrosso e al dettaglio (18,1%) e manifatturiero (15,9%). Le donne dirigenti sono il 35% in Ue e il 27,5% in Italia. Donne poco rappresentate e anche meno retribuite: in Europa guadagnano il 30% in meno dei colleghi uomini, nel nostro Paese il 36%.