ROMA, SIMONE FEDER ‘ALICE E LE REGOLE DEL BOSCO’ (MONDADORI PP 168 E.17,00) – L’esame di maturità da sempre segna un passaggio, l’ingresso nella vita adulta. Tra i maturandi di quest’anno c’è una ragazza per la quale ha un significato davvero profondo, di rinascita. E’ un simbolo di speranza, si può entrare giovanissimi nella tossicodipendenza, rovinarsi la vita, rischiare di collassare per strada senza nessuno a salvarti, e con tanta forza, supporto e incontri giusti, si può uscirne, avendo quell’inferno dentro domato e una testimonianza da offrire ai tuoi coetanei. Alice, con le sue ferite rimarginate, il suo vissuto di due anni terribili quanto purtroppo comuni, sta meglio, è guarita e fa l’esame di maturità. La sua storia, potente, tragica, dolorosa, ma con il finale a riscattare tutto, è stata raccolta e raccontata da Simone Feder, lo psicologo che lavora da anni nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia dove è coordinatore dell’Area Giovani e dipendenze e che ha scelto di essere accanto a questi ragazzi, con rispetto, accoglienza e amore, insieme hanno scelto di renderla pubblica. Esce in questi giorni Alice e le regole del bosco, per le strade blu di Mondadori. Di droga non si parla tanto se non quando c’è da raccontare tragedie. Desiree Mariottini aveva 16 anni quando è stata violentata e lasciata morire da un mix di droghe, Pamela Mastropietro 18 quando è fuggita dalla comunità di recupero per andare a drogarsi e ha trovato un martirio indicibile. Ragazze da non dimenticare, Alice poteva essere una di loro, ha fatto esperienze simili e nel libro trova la forza di raccontarle, a noi la sfida di sostenere la lettura. Il centro di tutto è Rogoreto, il boschetto al di là della stazione vicino Milano.
Dietro quelle sterpaglie, sorvegliate dai ‘pali’, ci sono le ‘prese’: la piazza di spaccio dove ormai con pochi euro puoi comprare la nera (l’eroina), la cocaina e tutto quello che ti pare. Poi sali per le scale, perché ti serve la luce per sciogliere la roba, e ti fai, la fumi o ti fai un ‘punto’, un buco. Le scale sono piene di spade, siringhe, pozze di sangue, panni sporchi. Entrare nel bosco è facile per i tossici, difficile per tutti gli altri, persino le ambulanze non entrano.
Nel libro tra i tanti sconvolgenti racconti, tutti veri purtroppo affatto romanzati, dalla ragazzina che partorisce lì dentro, a quella che pur di avere la droga diventa il sesso a disposizione degli spacciatori, dal ferroviere con il kit salvavita al Narcon al tossico che con le istruzioni date dagli operatori sanitari riesce ad inturbare un compagno in fin di vita.
Alice, che va bene a scuola, fa il liceo scientifico a Pavia, ha 17 anni e fa il quarto con ottimi risultati, s’innamora di Samu, più o meno n coetaneo che invece scuola la salta spesso, è entrato nella dipendenza, fuma eroina, ‘smetto quando voglio’ dice ad Alice che si è innamorata di lui al primo sguardo.
Purtroppo è solo il titolo di un film e questo è l’inizio di una storia che va a fondo, cruda, senza retorica, sfacciatamente tragica. Aggiorna agli anni 20 gli anni ’70 tossici di Christiane F e i ragazzi dello zoo di Berlino, cambiano i prezzi, cambiano le modalità ma resta sempre la dipendenza a portarti giù in un vortice infernale per cui non reggi più la scuola, vai fuori casa, vivi per strada senza lavarti, sempre più pelle e ossa, a tirare su pochi soldi con le ‘scollette’ a Piazza Duomo e appena puoi torni al boschetto corri mille dannati rischi pur di drogarti e non pensare a nulla. La storia di Alice e degli altri coetanei raccontati nel libro – vuoi bene a tutti da subito e speri che tutti vedano la luce in fondo al tunnel, invece no, Marco non ce la fa, addio università meglio farla finita e si butta sotto il treno – non è da giudicare, sono ragazzi che hanno tutto e niente, non sono così problematici, vivono un disagio esistenziale comune ma non sanno come gestirlo fin quando la droga non lo annulla con una illusione momentanea. Ci sono genitori, come è capitato a Samu, che scoprono (tardi) le condizioni in fin di vita del figlio e con l’abbraccio lo riportano nel nido, altri con i fogli ‘chi l’ha visto?’ che si aggirano fuori il boschetto sperando di trovarlo, mezzo morto anche va bene purchè si faccia curare e altri più impotenti. C’è Daria l’amica di Alice tenacemente coraggiosa a tirarla fuori, c’è la professoressa di arte che a perdere quella ragazzina proprio non ci sta. E poi c’è Simone che con altri volontari va lì ogni settimana, ogni Natale, piove, nevica e c’è il sole, si fa un cuore tanto a vederli moribondi sbattuti sui binari, ma li chiama per nome, gli offre un panino, li considera persone, semina amore, l’amore fa miracoli si sa. Gli operatori che si sporcano le mani, che non hanno paura di guardare l’inferno negli occhi di questi ragazzini perduti che possono essere nostri figli, alla lunga vincono: nel giorno in cui Alice farà la maturità, un giovane neanche 16enne cocaina dipendente ha accettato di iniziare il percorso di recupero. Sarà una bella giornata. (ANSA).
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