Andrea Rocchelli, fotoreporter freelance originario di Pavia, è stato ucciso a 30 anni vicino a Sloviansk, nell’Ucraina Orientale, mentre documentava le condizioni dei civili intrappolati durante il conflitto del Donbass. Era il 24 maggio 2014. Con lui morì anche Andrej Mironov, giornalista e attivista politico russo, entrambi colpiti da una scarica di colpi di mortaio durante gli scontri fra esercito e Guardia nazionale ucraini da una parte, e gli indipendentisti filorussi dall’altra. Un fotoreporter francese, William Roguelon, è rimasto gravemente ferito.
Cofondatore del collettivo di fotografi Cesura, Andy aveva viaggiato molto: nel Nord Africa delle rivolte del 2011, in Russia ed Europa dell’Est, sempre attento alle violazioni dei diritti umani. In Italia aveva lavorato anche sulle condizioni dei migranti nel sud e il loro sfruttamento. Le sue foto sono state pubblicate da testate italiane e internazionali.
Sulla sua morte è stata aperta un’inchiesta della procura di Pavia e il processo di primo grado si è concluso nel luglio 2019 con la condanna a 24 anni di reclusione di un cittadino italo-ucraino, Vitaly Markiv, già membro della Guardia Nazionale ucraina. Markiv, nato nel 1989 , da ragazzo si era trasferito in Italia, dove aveva acquisito la cittadinanza. All’esplosione del conflitto del Donbass è tornato nel Paese d’origine arruolandosi da volontario. Qui avrebbe avuto un ruolo di comando in una milizia installata su una collina di Sloviansk, dove Rocchelli e Mironov hanno trovato la morte. Viene arrestato nel luglio 2017, al suo arrivo all’aeroporto di Bologna, e accusato di concorso in omicidio volontario. La pena inflitta dalla Corte d’Assise, più pesante di sette anni rispetto alla richiesta del pm Andrea Zanoncelli, è stata contestata dalle autorità ucraine e da altri. Ora si attende l’apertura del processo d’appello. Quale ne sia l’esito, la prima sentenza ha comunque segnato un significativo precedente, stabilendo che non si possono attribuire genericamente alla guerra le responsabilità per l’uccisione dei giornalisti, spesso testimoni scomodi, ignorando i crimini di guerra e le responsabilità personali.