BRUXELLES – Chiuso il capitolo Mes, ormai operativo e in attesa delle richieste degli interessati per erogare aiuti dal primo giugno, il dibattito sul futuro dell’economia europea può concentrarsi sugli altri tasselli mancanti dell’arsenale anti-crisi. Per Sure, il meccanismo che aiuterà la cassa integrazione dei 27 Paesi Ue, manca solo qualche passaggio formale nei Parlamenti nazionali, mentre sugli aiuti della Bei alle imprese e sul Recovery fund, la partita è ancora tutta aperta. L’Ecofin di martedì proverà ad avvicinare le posizioni che continuano ad essere distanti sia sulle garanzie da aggiungere alla Bei, sia su ampiezza e composizione del fondo per la ripresa.
Mentre mercoledì le raccomandazioni specifiche per Paese (CSR), che pubblicherà la Commissione Ue, faranno da introduzione alla proposta sul Recovery fund che Bruxelles ha rinviato al 27 maggio. Già nell’Eurogruppo di venerdì scorso i ministri dell’Economia avevano capito di essere ancora lontani da una possibile intesa sui capitoli rimasti aperti. Il presidente Mario Centeno aveva imputato il ritardo sul nuovo strumento Bei a “decisioni politiche” che avrebbero dovuto definire alcuni dettagli tecnici. Protagonista è sempre il tema delle garanzie, cioè quanti nuovi fondi gli Stati soci della Bei dovranno tirare fuori per generare i 200 miliardi di euro che andranno a sostenere le Pmi. Si tratta di 25 miliardi, che però molti non vorrebbero utilizzare appieno, e quindi si cerca una formula in grado di assicurare il massimo risultato con il minimo sforzo. Entro il primo giugno.
Martedì l’Ecofin potrebbe tornare sul tema, per sbloccare la decisione finale che spetta al consiglio direttivo della Bei. Ma il pomo della discordia più grande è il Recovery instrument, come lo ha battezzato la Commissione per non dare l’idea che fosse solo un ‘fondo’ di sostegno. Tutti sono d’accordo con una struttura che vada in parte sui mercati a finanziarsi, grazie a garanzie del bilancio comune. Ma se la fronda del Sud, con Francia e Italia in testa, chiede una potenza di almeno 1.000 miliardi destinata per metà in sovvenzioni a fondo perduto, il Nord guidato da Finlandia, Olanda, Danimarca, Svezia e Austria punta a cifre più basse, distribuite in prevalenza attraverso prestiti, e vincolate a programmi europei e riforme.
Ritorna, insomma, il vecchio scontro tra aiuti in cambio di riforme e fondi senza condizioni. Mercoledì la Commissione pubblicherà le raccomandazioni specifiche che potrebbero essere una tappa importante nel percorso del Recovery instrument: la presidente Ursula von der Leyen, che svelerà la sua proposta il 27 maggio, sta pensando di distribuire i fondi legandoli sia ad investimenti nelle priorità Ue (Green deal e Digital agenda) sia alle riforme necessarie per ogni Paese. Le raccomandazioni daranno un’idea, come ogni anno, delle debolezze strutturali di ciascuno e chiederanno di correggerle, utilizzando il Recovery fund. Per l’Italia ci si attende il consueto richiamo su lentezza della giustizia, spesa pensionistica, tasse sul lavoro troppo elevate e lotta all’evasione. Nessun monito sul debito invece, né rischio di procedura come accadde l’anno scorso, visto che il Patto di stabilità è sospeso.