BRUXELLES – L’Italia deve accordare a qualsiasi vittima di reato intenzionale violento un indennizzo, il cui importo non può essere “puramente simbolico”. Lo sostiene l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue, Michal Bobek, nelle conclusioni di una causa che riguarda una signora italiana vittima di violenza sessuale nell’ottobre 2005. Gli autori del reato sono stati condannati alla reclusione e al pagamento di una provvisionale di 50mila euro a suo favore. Tuttavia, gli autori si sono resi latitanti e la vittima non è mai riuscita a ottenere la somma di denaro.
Nel 2009, la donna ha presentato ricorso contro lo Stato italiano chiedendo il risarcimento dei danni per la mancata trasposizione, da parte dell’Italia, della direttiva Ue sull’indennizzo delle vittime di reato. Nel 2016, la Corte di giustizia ha accertato che l’Italia aveva violato tale direttiva obbligando il Paese a introdurre una legge che stabiliva, retroattivamente, un sistema d’indennizzo nazionale. In particolare, per le vittime di violenza sessuale veniva previsto un importo di 4.800 euro a carico dello Stato quando la vittima non fosse in grado di ottenere un risarcimento dall’autore del reato. La Corte di cassazione ha chiesto chiarimenti ai giudici europei. Secondo l’avvocato generale, i sistemi di indennizzo devono essere validi per qualsiasi vittima di reato intenzionale violento, non solo in situazioni transfrontaliere. Inoltre, l’indennizzo deve considerarsi “equo e adeguato” quando fornisce un contributo significativo alla riparazione del danno subito, non può essere talmente esiguo da divenire puramente simbolico. Le conclusioni dell’avvocato non vincolano la sentenza della Corte, ma spesso ne anticipano i contenuti.